Fabiana Gervasoni
Le famiglie o le istituzioni tendono a sostituirsi alle persone con disabilità quando si tratta di prendere decisioni. Chi sceglie di organizzarsi una vita autodeterminata con assistenza si trova di fronte a una sfida non indifferente. Il contributo per l’assistenza è senz’altro uno strumento efficace, ma per la massima utilità occorre promuovere la competenza decisionale dei diretti interessati. Questo promovimento deve essere un punto centrale nella scuola speciale e integrativa. Le persone con disabilità dovrebbero inoltre poter avvalersi dell’assistenza sin dalla scuola per incominciare il prima possibile a familiarizzarvisi.
«Per la massima utilità dello strumento del contributo per l’assistenza, occorre promuovere la competenza decisionale dei diretti interessati.»
Simone Leuenberger
Dieci anni fa, l’introduzione del contributo per l’assistenza è stato un’enorme conquista per l’autodeterminazione delle persone con disabilità. È tutt’ora così, anche se nel frattempo sono emerse alcune lacune a livello di attuazione. Non tutte le persone con bisogno di sostegno possono chiedere il contributo e le prestazioni hanno un limite massimo. È inoltre ancora poco diffusa la consapevolezza che non si tratta di una prestazione speciale, bensì di un contributo per consentire una vita quotidiana che per le persone senza disabilità è scontata. Non solo la Confederazione, anche i Cantoni sono chiamati ad agire. Società, politica e amministrazione devono unire le forze per eliminare gli ostacoli sulla via dell’autodeterminazione.
«Società, politica e amministrazione devono unire le forze per eliminare gli ostacoli sulla via dell’autodeterminazione.»
Nadja Schmid
L’introduzione del contributo per l’assistenza è esemplare, ma la sua attuazione è tutto fuorché impeccabile. Chi chiede assistenza si trova di colpo ad affrontare una serie di nuove sfide. Le autorità accordano fondi, ma non forniscono alcun altro aiuto. Serve un’istanza superiore di autorappresentanza che si occupi di offrire questo tipo di sostegno, dalle competenze in materia di reclutamento alla gestione dei conflitti, alla conduzione del personale e molto altro. Questi compiti al momento sono assolti solo da privati, il che non è sufficiente, considerato il numero di persone che vivono con un’assistenza personale. Non possiamo lasciare che l’autodeterminazione venga limitata dalle difficoltà di autogestione o addirittura dalla sensazione di essere abbandonati a sé stessi.
«Serve un’istanza superiore di autorappresentanza che si occupi di offrire sostegno alle persone con bisogno di assistenza.»
Frédéric Widmer und Maryka Lâamir
Gli obiettivi primari del contributo per l’assistenza – il promovimento dell’autodeterminazione, una migliore integrazione sociale e lo sgravio dei familiari – sono stati raggiunti. In un sondaggio condotto tra il 2012 e il 2017, il 69 per cento delle persone con disabilità interpellate ha dichiarato che con il contributo per l’assistenza i loro familiari sono stati sgravati. Resta tuttavia potenziale di miglioramento: nella stessa inchiesta, i diretti interessati hanno menzionato diversi aspetti che possono ancora essere ottimizzati, tra cui il calo dell’onere amministrativo, l’estensione del bisogno di aiuto riconosciuto, un aiuto iniziale sotto forma di linee guida e la possibilità di assumere membri della famiglia.
«Gli obiettivi primari del contributo per l’assistenza – il promovimento dell’autodeterminazione, una migliore integrazione sociale e lo sgravio dei familiari – sono stati raggiunti, ma resta potenziale di miglioramento.»